La vita digitale può salvarci dalla paura e dalle ansie del Covid-19 anche nei prossimi anni? Se lo sono chiesti in molti negli ultimi mesi, da esperti di varie industry agli analisti. L’economia digitale otterrà senza dubbio un impulso dall’emergenza in corso, proprio come all’epidemia di SARS del 2002 è stata attribuita l’incentivazione del commercio elettronico in Cina. Se la fine del tunnel può sembrare lunga, la digitalizzazione è qui per fare luce durante il cammino. La situazione attuale, soprattutto per noi italiani, è difficile, a tratti paradossale. Il distanziamento sociale ci impone di seguire delle norme che non fanno parte della nostra cultura, del nostro agire e modo di fare. Lo stesso distanziamento, che di fatto ha permesso alla curva dei contagi di scendere concretamente, non è un interruttore che domani verrà spento, riportando ad una situazione precedente, anche a livello psicologico.
La società odierna è, di fatto, a “zero contatti”. Bar, ristoranti, negozi di qualsiasi genere, prediligono pagamenti contactless, senza contanti, meglio se con lo smartphone o lo smartwatch, per ridurre al minimo il rischio di infezione. Seppur sia molto difficile trovare aspetti positivi nella diffusione del Coronavirus, è innegabile che la pandemia abbia accelerato le metriche del digitale più di quanto abbiano fatto i manager delle aziende nell’ultimo decennio. Diverse strategie seguite da compagnie cinesi potrebbero funzionare, anche in Italia, come surrogato trainante verso una nuova fase di operatività delle imprese. Dalla crisi al cogliere le nuove opportunità il passo è breve, in modo particolare quando si riesce a convertire l’assenza della prossimità in una presenza digitale che valica i confini. Ad esempio in Cina, Kuaishou, una piattaforma di social video del valore di 28 miliardi di dollari, ha promosso programmi di istruzione online per compensare la chiusura di scuole e università, in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione. Allo stesso modo, una grande catena di ristoranti ha sfruttato i tempi di fermo per pianificare una nuova offerta di piatti semilavorati ordinabili online, catturando la curiosità e la crescente necessità di trovare divergenze dalla ripetitività casalinga. E ancora: Ant Financial ha lanciato una promozione online per una copertura gratuita correlata al Coronavirus, ottenendo un incremento del 30% delle entrate dell’assicurazione sanitaria a febbraio, rispetto al mese precedente. Queste nuove abitudini si diffonderanno anche altrove, sia in tra aziende che verso il consumatore finale.
Guido Scorza, Professore e Avvocato
Eppure, simili prerogative prevedono l’esistenza di un’infrastruttura alla base che riesca a supportare la crescente offerta e richiesta di digitale. Nell’Italia che si è adattata al periodo di emergenza, non tutto è filato liscio. Basterebbe il riferimento alle difficoltà di connessione degli studenti da alcune zone del paese per ricordare come il digital divide non sia del tutto sconfitto lungo la penisola. Il divario digitale ha creato una nuova base di distinzione nella società, che ha influenzato in modo critico le operazioni quotidiane e il sostentamento a livello globale. La capacità di accedere completamente a internet sta creando disparità e segregazione testimoniate oggi in diversi campi. Se spinta alla digitalizzazione del consumo vi è stata, questa deve prevedere un rafforzamento delle connessioni dove anche l’invio di una email può essere un problema.
«Non basta più la banda larga in download, come quella che si usava solo per guardare Netflix; una fetta significativa di italiani ha imparato che serve anche l’upload e questo cambia lo scenario competitivo, aumentando l’importanza delle nuove reti in fibra e suggerendo l’abbandono progressivo del doppino» Luca De Biase, Giornalista e Professore
Mariano Corso, Professore
Padre Paolo Benanti, Teologo e Professore
Il nuovo ruolo delle skill digitali
Un aumento del prodotto culturale fruito in digitale significa un incremento delle competenze su larga scala. Utenti e aziende, ad ogni livello, capiranno che le competenze digitali sono un fattore fondamentale, non solo di efficacia ed employability, ma anche di inclusione sociale e resilienza. Le abilità cognitive, come il pensiero creativo e l’autoregolazione, e quelle sociali, come l’assunzione di responsabilità, assumeranno un’importanza anche maggiore quando la tecnologia darà nelle mani di ognuno un potere maggiore di quanto già è oggi. Ciò presuppone una certa maturità morale e intellettuale, dove azioni ed esperienze vedranno un connubio indissolubile e più concreto di adesso. Se la tecnologia influenzerà ulteriormente il modo in cui pensiamo e ci comportiamo, è chiaro che il “perpetual touch”, il tocco continuo su uno schermo digitale, che si tratti dello smartphone così come di qualsiasi altra interfaccia comune nel 2030, potrà valere molto di più rispetto all’organicità attuale, peraltro già messa in discussione dal mantenere la distanza prossemica. Non ci avvicineremo più? Difficile dirlo ma se social network e mezzi di comunicazione onnipresenti hanno spostato l’interazione umana da un piano espressamente fisico ad uno anche digitale, basterà un decennio per vedere tale influenza prendere definitivamente piede, senza essere però uno spauracchio per chi dietro il crescente uso della prossimità in bit vede la fine di strette di mano e abbracci.
Francesco Espamer, Professore