1- Digitalizzare il Paese

Se vogliamo essere competitivi come Paese la digitalizzazione dei processi permetterà sia un risparmio significativo sui costi e quindi una efficace arma competitiva per le esportazioni, sia l’ingresso nel mercato che sarà più richiesto nei prossimi anni. Sarà necessario partire dalle infrastrutture base come la banda ultra larga alla base dello sviluppo dei nuovi servizi, o la carta d’identità elettronica che da sola si stima possa avere un impatto di 3% sul PIL italiano. 


L’emergenza ha segnato un momento di rottura storico. L’Italia del 2023 dovrebbe essere quella del rinascimento tecnologico ovvero un Paese nel quale lo sviluppo tecnologico è strumento di sviluppo culturale, sociale, democratico e economico che auspicabilmente non lasci nessuno indietro o, almeno, riguardi i più.
Guido Scorza

Identità digitale (si é già abbastanza elaborato sul perché, va solo fatta, perdere l’occasione sarebbe colpa grave) perno della infrastrutturazione digitale (reti e applicazioni)
Daniele Manca

Se la fase 3 sarà la ricostruzione del sistema economico, l’errore più grave che potremmo fare è ricostruirlo esattamente come era prima della crisi. E’ fondamentale vincolare almeno una quota dei contributi (e delle garanzie) fornite alle imprese alla realizzazione di nuovi investimenti in digitalizzazione. Il 10% del PIL andrebbe investito in infrastrutturazione digitale del Paese, interventi di ricerca applicata e trasferimento tecnologico per rafforzare la base manifatturiera e la capacità di raggiungere i consumatori finali in modo innovativo, data driven e massimamente efficiente / efficace, recuperando grande alla rete il gap di produttività del nostro Paese vs. peer group. Se l’obiettivo è far crescere la produttività grazie alla digitalizzazione – quindi aumentare i salari – e riportare in Italia alcune produzioni, quindi aumentare l’occupazione e tornare finalmente a crescere. Ora o mai più.
Manager di azienda di tecnologia internazionale

 

2- Investire nella Formazione dei nuovi lavori

In un momento di crisi profonda dell’economia e di molti disoccupati in arrivo è essenziale che le persone siano formate per il loro nuovo lavoro quando questo sarà disponibile. La formazione sta cambiando sotto molti aspetti. Il primo è la necessità di una formazione continua legata all’evoluzione delle competenze necessarie alle professioni. Per questo motivo non è più possibile formarsi solo all’inizio della propria vita e fermarsi alle porte dell’università. È necessario creare nuovi percorsi formativi e questo porta ad utilizzare nuovi strumenti legati alla formazione a distanza sia tecnologici come l’e-learning, sia di metodo come le classi rovesciate dove ci si incontra solo per lavorare sulle competenze già apprese.


Educazione 2.0. L’innovazione sta ridefinendo tutto: vita domestica, affari, scienza e ogni altra cosa che facciamo, tranne l’istruzione. In un mondo in cui la conoscenza è sempre più accessibile, i programmi ed il metodo devono essere trasformati per enfatizzare enfatizzare le capacità analitiche dello studente, una comprensione più profonda dei concetti chiave e la conoscenza applicata piuttosto che un semplice richiamo dei fatti appresi a memoria. Implementazione dei metodi peer-to-peer
learning, enquiry-based learning e personalized learning attraverso una piattaforma centralizzata per la gestione dei programmi scolastici e la valutazione in tempo reale degli studenti sia all’interno della scuola, sia in modalità remota.
Gianmauro Calafiore

Investimenti in formazione, istruzione e ricerca: rimaniamo un Paese la cui ricchezza passa per la elaborazione delle materie prime, materia di cui è, per la maggior parte, sguarnito. La capacità manifatturiera e creativa era sempre passata per la capacità di elaborare e lavorare le stesse in ragione di un talento diffuso nella capacità aggregativa e strategica della visione del prodotto e del mercato. Abbiamo disinvestito nella scuola, nei suoi formatori e nella ricerca. Questa caduta di competitività ha massacrato la nostra crescita.
Luca Josi

Per quanto riguarda l’istruzione, l’Italia parte da un 19% di laureati sul totale della popolazione 25-64 anni (la metà della media OCSE). È necessario, quindi, investire maggiormente nell’istruzione, dando alle università maggiori risorse ed autonomia nel disegnare percorsi di studio più coerenti con le necessità del territorio in cui operano. L’istruzione universitaria deve comunque rimanere garantita a tutti, perciò servono risorse indirizzate a tutti gli studenti meritevoli che per difficoltà economica non potrebbero accedere all’istruzione universitaria.
Valerio De Molli

 

3- Rendere il territorio resiliente

Lo Stato deve essere resiliente a futuri eventi negativi. È un investimento che si ripagherà nel lungo termine, ma nell’immediato sarà quello che potrà occupare le persone. Se è vera la vecchia battuta keynesiana che è meglio dare soldi alle persone per scavare una buca e poi riempirla nuovamente per mettere in circolo la liquidità, nel mentre ci si può piantare un albero perché quel lavoro possa essere anche utile alla collettività. La resilienza del territorio è un’assicurazione sul Paese e sui propri cittadini che si ripagherà al primo evento sismico o meteorologico avverso.


Abbandono delle grandi opere cementizie ambientalmente ed economicamente insostenibili (come TAV Valsusa) a vantaggio della manutenzione delle infrastrutture esistenti e del contenimento del consumo di suolo
Luca Mercalli


Il dissesto del territorio non è ancora irreversibile ma è prossimo a diventarlo in molte zone. Occorre dunque intervenire in modo rapido e massiccio.
Domenico De Masi


Investire sul retrofitting delle case per renderle a consumo energetico negativo e antisismiche.

4- Investire in sanità

La resilienza di uno Stato passa dalla salute dei propri cittadini, la resilienza di un’azienda di quella dei propri dipendenti. La migliore tenuta tedesca con il doppio dei posti letto ospedalieri italiani ha dimostrato come la sanità non può permettersi di dover scegliere chi salvare. La sanità deve essere anche resistente ad attacchi pandemici e evolversi con il digitale. Medici di famiglia che passano ricette dalla finestra con persone in fila sul marciapiede possono essere scene del passato se ci si dota di strumenti di teleconsulto e telemedicina.


Investire risorse significative nel gestire nei prossimi 6-12 mesi la transizione da pandemia a endemia, in particolare attraverso la creazione di una struttura medico-scientifica di monitoraggio e risposta flessibile nei confronti di ritorni di COVID-19 ed altre “nuove” malattie.
Guido Silvestri

Grazie al Coronavirus, la sanità ha avuto la fortuna di apparire in tutta la sua importanza, le sue crepe sono risultate immediatamente evidenti, la paura della morte ha giustificato l’inversione di rotta per cui, se prima si tendeva a ridurre i fondi del settore, ora si corre precipitosamente a rifinanziarlo, ristabilendo la priorità del pubblico sul privato.
Domenico De Masi

Il mondo sanitario sarà stato trasformato dalla tecnologia digitale. Questo è ciò che la biotecnologia è, e poiché le tecnologie esponenziali come il sequenziamento genomico accelerano, la cura di ogni malattia sarà radicalmente rinnovata. Il futuro della ricerca biomedica sarà la condivisione di tutti i dati senza barriere e saranno maggiori investimenti nella prevenzione piuttosto che nella cura. Il futuro gestirà i Big Data da genomica, epigenomica e immunoma al fine di generare una scheda di valutazione personalizzata dei segni di ogni malattia. Cambieremo la nostra mentalità da “sick care” ad “health care” passando da un’era reattiva della medicina a un’era della medicina che è proattiva, preventiva e continua.
G.C. Medico e Professore

 

5- Investire in nuova energia

L’energia è stato l’investimento su cui ci siamo basati ad ogni grande transizione economica della Storia. Oggi stiamo assistendo ad una nuova transizione dove il costo delle rinnovabili sta scendendo sotto quella dei carbon fossili. Uniti al fatto che l’impatto sul riscaldamento globale è sostanzialmente risolutivo, è sicuramente il punto d’arrivo. Chi per primo arriverà a convertire la propria energia e rete elettrica distribuita e intelligente riuscirà a produrre soluzioni da esportare in tutto il mondo oltre al fatto di diventare autonomo energeticamente.


Piano di investimenti per politica industriale che anche attraverso la creazione ed il potenziamento di fondi di natura ibrida pubblico privata sviluppi un ecosistema integrato di: nuove imprese innovative, PMI, imprese di maggiori dimensione e mercati finanziari finalizzata ad una riconversione economico – produttiva e sociale in logica di sostenibilità ambientale e sociale. Contestuale Utilizzo a tal riguardo di politica fiscale per disincentivare forme di esternalità negativa da utilizzo di fonti energetiche e produttive.
Venture Capital e Imprenditore

Le città di per sé stesse sono energeticamente molto più convenienti e ormai è chiaro che si deve cercare di abbandonare l’energia fossile per permettere una sostenibilità del sistema. Una possibile soluzione potrebbe essere l’accelerazione degli investimenti in risorse energetiche più sostenibili.
Padre Paolo Benanti

Un percorso di decarbonizzazione profonda richiede investimenti energetici totali fino a 130mila miliardi di dollari. In cambio però, offrirebbe enormi guadagni socio-economici. Nel dettaglio, la trasformazione del sistema energetico potrebbe aumentare i guadagni complessivi del PIL globale rispetto alle normali attività di 98mila miliardi di dollari tra oggi e il 2050. Questo significherebbe anche garantire 42 milioni di nuovi posti di lavoro nel settore energetico a livello mondiale.

 

6- Investire in Ricerca e Sviluppo

Gli investimenti in ricerca e sviluppo sono gli unici che permettono ad un Paese di rimanere competitivo. Non c’è scelta nel dover decidere se lavorare per aziende o idee del passato o quelle del futuro. Nessuno oggi può scegliere di lavorare per Kodak e non Instagram, o per Blockbuster e non Netflix, semplicemente perchè chi non ha il coraggio di innovare finisce fuori dal mercato. L’Italia investe 1,3% del PIL in Ricerca e Sviluppo, la Germania il doppio, la Svezia il triplo e la Corea del Sud il quadruplo. 


Riconversione della parte di spesa pubblica improduttiva, dimensione e remunerazione dell’apparato pubblico amministrativo centrale e regionale in favore di investimenti in ricerca, formazione e sviluppo economico. Portare la quota di PIL investito in ricerca al 3% in linea con la media dei Paesi più virtuosi e istituire la figure del “Chief Scientist” responsabile di dare indirizzo e priorità strategica a parte della ricerca e sviluppo di Fondi ibridi pubblici/privati per trasformare le potenzialità della ricerca in sviluppo di impresa innovativa.
Venture Capital e Imprenditore

Bisogna investire (davvero) in ricerca; creare modelli agili come l’EPFL di Losanna e il Weizmann Institute di Tel Aviv. Con strategie di investimento pubblico/privato in sistemi che garantiscano obiettivi non contrastanti con i nostri valori. Bisogna prendere come riferimento i fisici dei sistemi complessi e i loro criteri.
Barbara Carfagna

7- Definire piani di emergenza chiari per il futuro

È necessario investire a definire piani di emergenza che possano essere utilizzati in caso di necessità per evitare di dover prendere decisioni complesse in tempi brevi e non potendo coinvolgere tutte le persone necessarie. Leggi emergenziali da preparare in momenti di tranquillità piuttosto che decreti d’urgenza da preparare di fretta e aggiornare continuamente.


Identificazione e protezione dei pazienti più fragili. Le gravi crisi che causano shock sociali possono alla fine provocare modi positivi di riconsiderare il bene comune e i diritti fondamentali. I dati che stiamo generando dall’analisi della pandemia da COVID-19 hanno portato alla luce le condizioni cliniche di multiple comorbidità che dovranno portarci ad elaborare piani di emergenza sanitaria futura che possano meglio proteggerli.
G.C. Medico e Professore

 

8- Infrastrutture per mobilità sostenibile

Uno dei grandi cambiamenti di ogni rivoluzione industriale è il sistema dei trasporti. Il trasporto si trasformerà e, almeno per un periodo, sarà più individualistico. La sostenibilità del trasporto sarà essenziale per poter garantire un impatto zero sull’ambiente e anche per poter anticipare ed esportare soluzioni all’estero provate già in Italia.


Nuove tecnologie e mobilità sostenibile. Si è approfittato della situazione per investire su nuove tecnologie e un nuovo concetto di mobilità più sostenibile e rispettoso delle persone. Si sono così ridotti i costi globali non solo in termini economici ma anche in termini ambientali e per la salute umana. Queste scelte a fronte di un investimento complessivo del 10% del PIL porterebbero ad un Paese più solido con nuove opportunità di lavoro, nuove aziende innovative, nuove soluzioni tecnologiche più sostenibili ed economiche. Sarebbero misure che mirano non a risolvere un problema contingente ma ad aumentare il grado di resilienza del sistema Paese nel suo complesso.
Giorgio Metta

Città e borghi senza auto e con trasporti privati solo se 100% neutrali sull’ambiente e individuali.
Daniele Manca

 

9- Sostenere la liquidità per il reddito e le aziende

Le aziende che hanno un futuro non possono essere lasciate fallire. Il sistema dei crediti aziendali si basano sulla fiducia nel sistema, nel fiducia che cliente che ci pagherà e per questo ci possiamo indebitare con un fornitore o impegnare con un dipendente. Se questa fiducia dovesse venire meno non sarà solo un problema per l’azienda che chiude ma per tutta la sua filiera. Così come il reddito disponibile delle persone deve essere sostenuto per la loro sopravvivenza e per la sostenibilità del sistema produttivo.

Le uniche scelte che si possono fare nel 2020 in Italia sono quelle di assicurare un sostegno del reddito per impedire che ci sia un generalizzato crollo dei consumi e prendere seriamente coscienza delle ragioni per cui la situazione del paese è andata costantemente peggiorando nel corso degli ultimi decenni con una accelerazione negli anni più recenti. La scelta più intelligente che il paese può fare è di prendere coscienza che tutti portano una parte di responsabilità del nostro declino. In questo modo la smetteremmo di attribuire colpe ad altri con le umilianti richieste di aiuto a chi ha fatto meglio di noi e ci rimboccheremo le maniche per ripartire. Potremmo partire in questo esercizio dal capire perché la sanità lombarda ha subito la catastrofica debacle che abbiamo visto mentre la sanità tedesca ha saputo affrontare la crisi in modo estremamente efficace.
Franco Bernabè
Questa crisi, come tutte le crisi, andrà a incidere in modo più pesante sulle fasce di popolazione più deboli: quelle che già erano in povertà o quelle per cui, dato il tipo di occupazione, saranno colpite più duramente; si parla di circa tre milioni di nuovi poveri in Italia, dovuti all’emergenza Coronavirus.
È necessario che il sistema agisca a protezione di queste categorie, predisponendo misure ad hoc basate sul reddito percepito, che diano risorse dirette volte a colmare quel gap di liquidità che inevitabilmente si è creato in questi mesi, anche perché, una volta finita la fase emergenziale, le persone dovranno avere la liquidità necessaria per tornare a consumare.
Il governo deve attuare misure immediate per immettere liquidità direttamente sui conti correnti di persone con un reddito annuo inferiore ai €40.000, considerando anche il numero di figli e/o anziani a carico. Si tratta di 36,6 milioni di contribuenti (pari all’88,7% del totale).
Valerio De Molli
A tutte le persone che nel 2020 hanno perso il lavoro, lo Stato dovrebbe erogare contributi in misura tale da mantenerne il reddito per i mesi 2020 in cui hanno cessato di lavorare.
Imprenditore ed esperto di economia sanitaria

 

10- Investire per sviluppare le società che cresceranno

Lo Stato dovrà scegliere quali aziende aiutare a rilanciare i propri investimenti non avendo risorse per tutte. Per questo sarà importante investire sulle aziende che hanno prospettive di crescita e sostenibilità economica futura. In caso contrario è meglio investire sulla formazione delle persone per nuovi lavori o sulla riconversione aziendale che sul salvataggio delle aziende che non hanno prospettive di sostenibilità economica futura.

Noi abbiamo un deficit al 140% del PIL. In un paio di anni avremo superato il 160%. Tecnicamente saremo un Paese fallito. L’unica possibilità di ripagare il debito sarà legata alla capacità di generare più valore. Molto schematicamente: aiutare solo aziende sane in crisi di liquidità. Evitare di investire in aziende decotte, perché sarebbe uno spreco di risorse. Aiutare le aziende in between a ripensarsi, preparando nuovi prodotti, modificando le loro modalità organizzative etc. Il passaggio più critico sarà al 21, quando i mancati introiti fiscali creeranno un pericoloso collo di bottiglia.
Roberto Poli
Ricapitalizzare le imprese che si sono dovute indebitare.
Innocenzo Cipolletta
A tutte le aziende nel 2020 consentire di azzerare gli ammortamenti (misura a costo zero per lo Stato), sterilizzando l’effetto fiscale, per alleggerire i costi di esercizio e quindi rafforzare (o indebolire di meno) il patrimonio netto.
Imprenditore ed esperto di economia sanitaria